Per sostituire il gas russo il Mite punta su altro gas: solo un sesto è coperto dalle rinnovabili
Ferrante: «Se la situazione non fosse tragica il “piano Cingolani” potrebbe ambire a entrare nel repertorio di un comico»
[8 Settembre 2022]
Il ministero della Transizione ecologica (Mite) ha presentato il Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale, facendo il punto sulle iniziative messe in campo per abbandonare l’import di gas naturale – 29 mld di smc su 76 consumati nel 2021, il 40% – da uno Stato autoritario come la Russia.
Lo sforzo principale, sebbene poco lungimirante, è quello di diversificare le forniture di gas fossile affidandosi ad altri Stati autoritari e/o politicamente instabili: Algeria, Angola, Azerbaigian, Indonesia, Libia, Mozambico, Nigeria, Qatar. Al contempo sono stati acquistati, anziché noleggiati, due rigassificatori galleggianti per Gnl da 5 mld di smc ciascuno, che dovrebbero entrare in funzione rispettivamente entro i primi mesi del 2023 (Piombino) ed entro il 2024 (Ravenna).
Nel frattempo, si stanno riempiendo a caro prezzo gli stoccaggi di gas: al 1 settembre era stato traguardato l’83% di riempimento, adesso si punta al 90%.
«L’insieme delle iniziative messe in campo consente di sostituire entro il 2025 circa 30 miliardi di Smc di gas russo con circa 25 miliardi di Smc di gas di diversa provenienza, colmando la differenza con fonti rinnovabili e con politiche di efficienza energetica», riassume il Mite. In altre parole, efficienza energetica e rinnovabili incidono solo per un sesto nel piano nazionale per dire addio al gas russo.
In compenso si torna a puntare sul (poco) gas ancora estrabile entro il territorio nazionale che, una volta immesso sul mercato, dovrà comunque sottostare alle logiche di prezzo imposte dal mercato internazionale: dalle misure urgenti per aumentare la produzione nazionale di gas, delineate col Dl 17/22 la cui attuazione è ancora in corso, «si attende nel medio termine un aumento, fino ad un raddoppio, della capacità di produzione nazionale, oggi intorno a 3 miliardi di Smc».
E le rinnovabili? Il Governo afferma di ritenere il loro sviluppo «un fattore strategico» in quanto «consente di ridurre in modo strutturale la domanda di gas (nella misura di circa 2 miliardi di Smc ogni 10 TWh circa installati (forse prodotti?, ndr)», e continua a prevedere un ottimistico 8 GW di nuovi impianti installati all’anno dal 2023: di certo, al momento, c’è solo che nei primi 4 mesi del 2022 sono stati installati solo 0,64 GW.
Infine, per quanto riguarda il vero e proprio “Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas”, il Mite delinea due scenari: uno volontario e uno no, che scatterebbe in caso di “allerta Ue”.
Le misure volontarie puntano a ridurre i consumi nazionali di gas di almeno il 15% (8,2 mld di smc), e si articolano essenzialmente in tre capisaldi: massimizzare la produzione termoelettrica con combustibili diversi dal gas (carbone o olio combustibile, entrambi ambientalmente peggiori del gas); contenimento del riscaldamento invernale; misure comportamentali (dall’abbassare il fornello di cucina dopo che l’acqua bolle, al taglio di durata e temperatura delle docce, fino all’acquisto di elettrodomestici più efficienti). I primi due capisaldi sono anche quelli pronti a scattare in caso di “allerta Ue”.
«Il Piano presentato dal ministro Cingolani ci sembra un compitino fatto da uno scolaretto prima dell’entrata in classe con la speranza di prendere la sufficienza – commenta amaro il vicepresidente del Coordinamento Free, Francesco Ferrante – Che l’efficienza energetica comportamentale possa valere l’8% dei consumi energetici individuali è cosa nota che è oggetto delle campagne d’educazione ambientale da anni. Dal ministro ci saremmo aspettati di più: dove sono gli interventi strutturali d’efficientamento per l’industria? E la riforma dei Tee (Titoli d’efficienza energetica) che attendiamo inutilmente da anni? Le riposte non ci sono nel documento, dove la parte del leone la fa la “diversificazione” della provenienza del gas, la massimizzazione nell’uso di carbone e combustibili fossili, nell’incremento dell’estrazione di gas naturale dai nostri scarsi giacimenti e l’abbassamento dei riscaldamenti. Le rinnovabili poco pervenute. Se la situazione non fosse tragica il “piano Cingolani” potrebbe ambire a entrare nel repertorio di un comico, ma susciterebbe al massimo risate di sufficienza».
E pensare che il contributo delle rinnovabili potrebbe essere ben più rilevante: secondo Alberto Bertucco, direttore del Centro Levi Cases dell’Università di Padova (il Centro studi interdipartimentale di economia e tecnica dell’energia), per «installare 1 GW di potenza con pannelli fotovoltaici occorre investire circa 900 milioni di euro, un’inezia se si pensa che da settembre 2021 a luglio 2022 il Governo italiano ha già destinato circa 50 miliardi di euro per sostenere il rincaro dei prezzi delle bollette».
Per non dire del tempo perso finora. Secondo le stime fornite da Legambiente, se lo sviluppo delle rinnovabili – limitando l’analisi per semplicità a solare ed eolico – fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010-2013 (pari a 5,9 GW l’anno), oggi l’Italia avrebbe 50 GW in più di impianti e sarebbe stata così in grado di ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, tagliando le importazioni di gas dalla Russia del 70%. Se il Paese fosse stato più lungimirante negli ultimi anni, oggi non sarebbe costretto (comunque vada) a importare nuovo gas altrove.
Più morbida invece l’opinione dell’economista Alessandro Marangoni di Althesys, società di consulenza specializzata nei mercati energetici: «Chi critica il piano del Mite e parla di soluzioni prive di ampio respiro o, al contrario, di strategie di medio-lungo termine che non tengono conto dell’emergenza, dimentica che il vero rischio è quello del non fare nulla, e sarebbe anche peggio. Se proprio volessimo fare un appunto al ministro Cingolani potremmo ricordargli che il settore elettrico è ancora in attesa del decreto sulle aste delle rinnovabili, il cosiddetto nuovo Fer 1 e il Fer 2 sulle tecnologie innovative. Piuttosto, il punto debole nel raggiungimento dei target previsti di misure come queste che vanno ad incidere sui comportamenti delle persone è proprio nel rispetto delle regole previste: ci si chiede se, nel momento in cui verrà più freddo, gli italiani si atterranno ai dettami fissati oggi».