Come spiegare i “nessi e connessi” dell’ambientalismo con la vita quotidiana
Presentato a Firenze, con la partecipazione dell’assessora Monia Monni, il nuovo libro firmato da Annalisa Corrado e Rossella Muroni
[21 Giugno 2023]
La transizione ecologica è un processo di trasformazione sociale che, in quanto tale, ha che fare con le persone prima ancora che con la tecnologia o l’economia.
Occorre dunque riscoprire le connessioni che legano l’ambientalismo alla vita quotidiana, evidenziando non solo i rischi che corriamo senza un nuovo modello di sviluppo, ma soprattutto le opportunità di cambiamento in positivo che vanno incontro alle esigenze di cittadini e imprese.
È questo lo sforzo dialogico racchiuso in Nessi e connessi, il nuovo libro edito da il Saggiatore presentato ieri a Firenze da Zap, alla presenza delle autrici – Annalisa Corrado e Rossella Muroni –, dell’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni e dell’imprenditrice Vivilla Zampini, con la moderazione di Paola Concia.
Rigoroso nell’esposizione dei dati, ma dal linguaggio accessibile, il volume offre una densissima raccolta dei “nessi e connessi” che intrecciano l’ambientalismo con la vita di ognuno.
Un esempio su tutti, quello del Covid-19: dopo tre anni dall’inizio della pandemia che solo in Italia ha mietuto quasi 200mila vite, l’Istituto superiore di sanità (Iss) insieme all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno confermato ieri l’esistenza di un legame tra inquinamento atmosferico, incidenza delle infezioni e mortalità.
Una connessione che il mondo ambientalista, corroborato da autorevoli ricerche condotte a livello internazionale (si veda ad esempio qui, qui e qui), indicava da tempo.
«Il Covid-19 rappresenta il risultato di uno spillover, quei salti di specie di un virus dagli animali all’uomo che stanno diventando più frequenti man mano che la distruzione degli ambienti naturali avanza in ecosistemi prima intatti – aggiunge Corrado – Serve dunque una visione complessiva della salute nostra e del pianeta, altrimenti potranno esserci altre pandemie simili. Se non cambiamo modello di sviluppo, non arriviamo alla radice del problema».
Lo stesso vale per l’altra grande catastrofe internazionale che stiamo vivendo: la guerra in Ucraina, che si sta portando dietro una rivoluzione nel sistema energetico europeo.
«Abbiamo “scoperto” che il meccanismo di dipendenza dall’uso dei combustibili fossili ci rende complici della mancanza di democrazia e diritti civili, e non si pensi solo alla Russia ma anche alla Libia o all’Egitto – evidenzia Muroni – Non basta cambiare pusher se continuiamo a dipendere dalla stessa sostanza. Siamo liberi di fare delle scelte, e non si tratta di un inno alla decrescita felice ma di perseguire una nuova concezione di benessere: ci hanno abituato a pensare che più consumiamo più siamo felici, ma prodotti e servizi si possono anche condividere».
Un approccio che riporta il dibattito sul “cosa possiamo fare”, come cittadini, per dare corpo alla transizione ecologica nella vita quotidiana.
Un esempio di primaria importanza arriva dalle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), il nuovo soggetto giuridico delineato dal recepimento della direttiva europea Red II per autoprodurre, accumulare e scambiarsi energia generata da fonti rinnovabili, risparmiando in bolletta: un fronte su cui la Regione Toscana conta di investire 75 mln di euro – non appena dal Governo nazionale arriverà il necessario quanto atteso decreto – per sostenere la creazione di 300 Comunità sul territorio.
«Le Cer guardano ad un nuovo modello di sviluppo basato sulle rinnovabili, che sappia rendere i cittadini parte attiva della transizione portando loro anche vantaggi economici – spiega Monni – È un tema affascinante, che tiene insieme politica e cittadinanza, e ci permette di fare passi avanti verso un’autonomia energetica sulla quale siamo indietro di decenni, e che non possiamo conquistare puntando ancora sulle fonti fossili. Anche il rigassificatore che la Toscana ospita a Piombino non può essere visto come una “nave della libertà” perché rappresenta piuttosto una ferita, per quanto necessaria a farci guadagnare ancora un po’ di tempo per accelerare gli investimenti sulle rinnovabili. Oltre alle Cer serviranno anche i grandi impianti, da realizzarsi tramite progetti di qualità e condivisi coi territori, perché altrimenti anche il nostro amato paesaggio che vogliamo difendere sarà presto travolto dalla crisi climatica. Affermare che la transizione ecologica sarà un bagno di sangue, al contrario, rappresenta una narrazione sbagliata: non vogliamo perseguire la decrescita ma uno sviluppo più equo, duraturo, in una parola sostenibile».