Energia e clima, anche l’Ocse boccia il Governo Meloni: «Politiche non sufficienti»
Per raggiungere gli obiettivi al 2030 l’Italia dovrebbe ridurre l’intensità delle emissioni in rapporto al Pil «a un ritmo più che quintuplicato»
[23 Gennaio 2024]
Dopo la bocciatura arrivata dalla Commissione Ue verso il Piano integrato energia e clima (Pniec) proposto dal Governo Meloni, anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) esce allo scoperto evidenziando la necessità di aumentare gli sforzi per la decarbonizzazione.
Lo studio economico pubblicato ieri dall’Ocse evidenzia ad esempio come il Pniec preveda una riduzione nelle emissioni climalteranti al 2030 (rispetto al 1990) pari «al 47 % per tutti i settori dell’economia», contro un obiettivo fissato a livello Ue al 55%.
Al contempo l’Italia dovrebbe «sancire per legge l’obiettivo di neutralità carbonica di tutti i settori della sua economia entro il 2050, ispirandosi all’esempio di altri grandi Paesi dell’Ue». Si tratta della richiesta di approvare una legge sul clima, già avanzata dalle associazioni ambientaliste nazionali ma ad oggi ignorata dalla maggioranza che sostiene il Governo Meloni.
Più in generale l’Ocse spiega che «le politiche attualmente applicate» potrebbero rivelarsi «non sufficienti» ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
In altre parole, negli anni che ci separano dal 2030 «l’Italia dovrebbe ridurre l’intensità delle sue emissioni in rapporto al Pil a un ritmo più che quintuplicato rispetto a quello rilevato nel periodo 2014-2021».
In particolare l’Ocse ritiene «necessario compiere ulteriori sforzi» rispetto alle recenti riforme volte a velocizzare gli iter autorizzativi per i nuovi impianti rinnovabili, cresciuti nell’ultimo anno a 5,7 GW, ovvero circa la metà rispetto a quanto necessario.
Nel merito l’Ocse evidenzia che anche i progetti a cui è stata riconosciuta una Valutazione d’impatto ambientale (Via) positiva «spesso non vengono comunque autorizzati. Considerazioni legate alla tutela del paesaggio sono spesso utilizzate dalle amministrazioni locali per motivare la scelta di bloccare alcuni progetti, anche laddove sia stata emessa una Via positiva. Manca un elenco che definisca le ragioni valide per potersi opporre alla realizzazione di un progetto, lasciando così spazio a scelte soggettive operate dai soggetti preposti a decidere a riguardo. Sono spesso le comunità locali ad opporsi ai progetti legati alle energie rinnovabili, inducendo, così, le autorità locali a bloccare tali progetti». Sono le tristemente famose sindromi Nimby e Nimto.
«Il supporto delle comunità locali – evidenzia nel merito l’Ocse – è di fondamentale importanza per garantire l’autorizzazione dei progetti in materia di energia rinnovabile. Al tal fine, è necessario che le comunità siano coinvolte tempestivamente attraverso adeguate campagne di informazione e possano beneficiare di una compartecipazione finanziaria negli impianti di energia rinnovabile, ad esempio attraverso la condivisione degli introiti o la riduzione dei prezzi dell’elettricità per i Comuni che ospitano gli impianti alimentati da fonti rinnovabili».
Per quanto riguarda invece la decarbonizzazione del settore dei trasporti, l’Ocse suggerisce di investire «nella rete ferroviaria, riducendo il trattamento fiscale agevolato previsto per il gasolio rispetto alla benzina e promuovendo la diffusione dei veicoli elettrici, ad esempio aumentando il numero delle stazioni di ricarica attualmente disponibili».
Iniziative volte a potenziare i settori del trasporto pubblico e delle reti ferroviarie regionali, ridurre il numero di veicoli altamente inquinanti e allineare le tasse imposte sulle autovetture al livello di emissioni da esse prodotte contribuirebbero a favorire la transizione.
Nel settore dell’edilizia, invece, i «regimi di credito di imposta che sono stati oggetto di recente riforma dovrebbero essere corredati da finanziamenti agevolati e sovvenzioni volte a promuovere misure di riqualificazione energetica, in primis per le famiglie a basso reddito».
Parallelamente al rafforzamento delle politiche di decarbonizzazione, l’Italia deve infine «potenziare le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, primariamente in termini di mitigazione dei rischi derivanti da inondazioni e alluvioni, frane e caldo estremo».
Tutto questo quanto costerà? Per assicurare il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dall’Italia in materia di energia ed emissioni per il 2030, il Pniec stesso «stima un fabbisogno totale di investimenti pubblici e privati pari a circa il 5% del Pil su base annuale da oggi al 2030».
Tanto, poco? Basti osservare l’altro piatto della bilancia, ovvero i costi legati all’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo: i ricoveri ospedalieri e le morti premature legate a un singolo inquinante atmosferico (Pm2,5, responsabile di 52.300 decessi all’anno nel nostro Paese) valgono costi equivalenti a quelli della transizione energetica, ovvero il già citato 5% del Pil.