L’analisi del think tank Ecco dopo l'approvazione della direttiva dall'Europarlamento

Case green, come finanziare l’efficientamento energetico delle case? L’Italia aspetta il Pniec

Bani (Arse): «Abbiamo le tecnologie per sostituire le caldaie a gas con pompe di calore e rinnovabili, ora spetta alla politica europea e nazionale fornire gli strumenti migliori per incentivare»

[13 Marzo 2024]

La nuova direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici (Epbd), cosiddetta “Case verdi”, è stata approvata ieri dall’Europarlamento e promette di rivoluzionare l’edilizia italiana, nonostante sia più soft della proposta iniziale avanzata dalla Commissione Ue.

Ad oggi il patrimonio immobiliare europeo è responsabile del 36% delle emissioni di gas serra e consuma il 40% dell’energia finale, di cui circa l’80% utilizzata per riscaldare gli edifici. Le emissioni dovranno arrivare allo zero netto entro il 2050, passando da alcune tappe intermedie.

Per gli edifici residenziali, ovvero le case, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.

«Il testo adottato lascia molta flessibilità e autonomia decisionale agli Stati membri nel definire le strategie di riduzione dei consumi e delle emissioni del settore – spiegano da Ecco, il think tank italiano per il clima – È importante notare che la Direttiva non impone alcun obbligo per i singoli immobili e quindi per i proprietari degli stessi. L’obbligatorietà è invece stabilita a livello nazionale. All’interno del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), da aggiornare entro il 30 giugno 2024, spetterà quindi al Governo definire la strategia, gli investimenti e le politiche da attuare per raggiungere gli obiettivi, tenendo in considerazione la complessità sia del patrimonio che delle classi di reddito dei suoi residenti e utilizzando la spesa pubblica e gli obiettivi climatici anche in chiave di sviluppo e innovazione».

Finora l’approccio del Governo Meloni sul tema ha preferito demolire ciò che già c’era, in particolare il Superbonus, ma adesso è arrivato il momento di costruire qualcosa di nuovo, dato che i voti contrari della destra non sono bastati a fermare la direttiva all’Europarlamento.

«In Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici che è in grandissima parte alimentato con combustibili fossili pesa per il 45% sui consumi complessivi di gas naturale e sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7%, secondo i dati di Ispra – ricorda Riccardo Bani, presidente di Arse, l’associazione per il riscaldamento senza emissioni – Particolarmente consistente il ruolo del riscaldamento residenziale nell’inquinamento atmosferico nelle principali aree urbane: da solo, infatti, è responsabile del 64% della quantità di PM2,5, del 53% di PM10 e del 60% di CO».

Ma la sfida posta dalla direttiva europea deve essere colta in positivo. Oltre ai vantaggi ambientali, ricordano da Ecco, ci sono infatti anche quelli economici.

Riqualificare il parco immobiliare nazionale offre una grande opportunità di rilancio della filiera edilizia, che si conferma motore principale della crescita economica interna grazie all’impatto sull’indotto e in generale sull’intera economia, generando al contempo posti di lavoro non delocalizzabili.

Secondo l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), un miliardo di euro di investimenti in costruzioni produce un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni. Al contempo, 1 miliardo di euro investiti in edilizia genera un effetto diretto e indiretto positivo anche sull’occupazione, stimato dall’Ance in 15.132 nuovi occupati.

«Abbiamo le tecnologie per sostituire le caldaie a gas con pompe di calore e rinnovabili – conclude Bani – ora spetta alla politica europea e nazionale fornire gli strumenti migliori per incentivare e incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili».

Il fattore tempo, però, resta fondamentale. Secondo le stime Ance, infatti, ai ritmi pre-superbonus la piena decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe invece completata in Italia in un orizzonte ciclopico di 3.800 anni. Che fare? «È il momento di chiudere ogni scontro ideologico e mettere insieme i migliori strumenti per raggiungere gli obiettivi della Direttiva Ue – risponde Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili – Ci dovranno essere le risorse a partire da un fondo europeo per la transizione ecologica e un ventaglio di strumenti che dovranno essere sostenuti da tutti».