Con le rinnovabili l’Italia risparmia 25 mld di euro l’anno, ma i nuovi impianti restano al palo
Elettricità futura: dobbiamo realizzare 12 GW di nuova potenza annua da qui al 2030. Il fotovoltaico sui tetti? Costa più del doppio di quello a terra
[17 Novembre 2023]
Oltre ad essere uno strumento di difesa contro la crisi climatica in corso, le fonti rinnovabili offrono grandi opportunità sotto il profilo del risparmio economico e della sicurezza energetica, tant’è che nel corso del 2022 – pur fornendo solo il 43% dell’elettricità – hanno garantito all’Italia un risparmio pari a 25 miliardi di euro.
È questa la stima fornita dall’associazione confindustriale Elettricità futura, che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale, nel corso dell’assemblea pubblica svoltasi ieri a Roma. Non a caso il Piano elettrico 2030 proposto per il Paese, in coerenza con gli obiettivi europei del RePowerEu, ha l’obiettivo di arrivare all’84% di rinnovabili nel mix elettrico entro la fine del decennio.
Centrare questo target porterebbe benefici economici per 360 mld di euro e 540mila nuovi posti di lavoro: occorrono 80 GWh di accumuli di grande taglia e 143 GW di nuova potenza rinnovabile installata (con 56 GW di fotovoltaico e 26 GW di eolico), ovvero circa 12 GW da aggiungere ogni anno.
Eppure il Governo Meloni perde tempo con il nucleare e insiste nel voler fare dell’Italia un hub del gas, col nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) che limita la penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico al 65% rispetto all’84% proposto dall’associazione confindustriale.
«C’è differenza tra importare tecnologie e importare gas – osserva nel merito Agostino Re Rebaudengo, presidente Elettricità futura – Ipotizziamo di avere un budget di 100 euro: è più conveniente acquistare impianti fotovoltaici o gas? Secondo i dati dell’Energy & strategy group del Politecnico di Milano, a parità di budget investito, gli impianti fotovoltaici ci danno anche oltre 3 volte più energia elettrica rispetto al gas».
L’assemblea pubblica ha offerto anche l’occasione di chiarire perché è necessario – parlando di fotovoltaico – andare oltre alle sole installazioni sui tetti, come peraltro noto da tempo. «Valutiamo tre scenari – argomenta Re Rebaudengo – In uno scenario 100% di fotovoltaico sui tetti un MWh costa 180 €. Nello scenario del Piano elettrico 2030 che prevede 30% sui tetti e 70% a terra, si ha un costo di generazione di 110 €/MWh. In un terzo scenario, 100% fotovoltaico a terra, generare 1 MWh costa 80 €. Quindi, gli impianti fotovoltaici sui tetti hanno un costo di generazione dell’energia più che doppio di quello degli impianti a terra. Lo scenario del Piano 2030 consente oltre 20 miliardi di risparmi sulla generazione (2024-2030) rispetto al 100% sui tetti».
Raggiungere il target del Piano elettrico 2030 richiede solo lo 0,2% del territorio, ma in ogni caso le rinnovabili non sottraggono terreno all’agricoltura (si pensi all’agrivoltaico) e non danneggiano i suoli impermeabilizzandoli come accade col cemento.
Eppure le nuove installazioni languono, visto che nei primi nove mesi del 2023 sono entrati in esercizio nuovi impianti rinnovabili per soli 3 GW, per motivi che spaziano dalle sindromi Nimby & Nimto alle difficoltà autorizzative, fino alla resistenza delle Regioni che hanno in carico l’approvazione della maggior parte dei progetti.
Guardando proprio tra le Regioni, è la Sicilia ad avere il più alto target rinnovabili al 2030 con 10 nuovi GW da realizzare: per accelerare, secondo Gaetano Armao – presidente della Commissione tecnica specialistica per le autorizzazioni ambientali nella Regione – sarebbe auspicabile da una parte alleggerire il peso della burocrazia e dall’altra migliorare il coordinamento tra la Commissione Via nazionale e regionale, affinché i progetti che hanno ottenuto l’ok a livello centrale riescano poi ad ottenere anche la Via regionale.
Anita Pili, coordinatrice Energia nella Conferenza regioni e province autonome, nonché assessora all’Industria della Sardegna, ha aggiunto che è necessario avere un quadro normativo certo e definito in materia di aree idonee, al fine di consentire lo sviluppo degli investimenti nel nostro territorio.
Paradossalmente, però, il decreto proposto dal Governo per le aree idonee potrebbe rappresentare l’ennesima trappola per il settore: valutando la (seconda) bozza emersa a inizio ottobre, proprio Elettricità futura osservava che «invece di ridurre i tempi rende impossibile fare impianti. In assenza di correttivi bloccherà investimenti per 320 miliardi di euro».