Per l’Agenzia internazionale dell’energia non c’è bisogno di nuovi progetti upstream
Eni vuole estrarre altri 4,2 milioni di mc di gas fossile (al giorno) dal Mediterraneo
Insieme a Total scoperto un nuovo maxi giacimento al largo di Cipro, che accelererebbe la crisi climatica in corso
[15 Febbraio 2024]
La multinazionale italiana a controllo statale Eni, insieme al partener francese TotalEnergies, ha annunciato con soddisfazione una nuova maxi scoperta di gas fossile nel cuore del Mar Mediterraneo, a circa 160 km a sud-ovest della costa di Cipro.
È stato infatti perforato con successo il pozzo Cronos-2 – a 3 km di Cronos-1, scoperto nel 2022 –, con un test di produzione che ha permesso di stimare «una capacità del pozzo superiore a 4,2 milioni di metri cubi di gas al giorno».
Cronos-2 è il quarto pozzo perforato da Eni nell’area del Blocco 6, dopo le scoperte di gas di Calypso nel 2018 e di Cronos e Zeus nel 2022, ed è operato dal Cane a sei zampe insieme a TotalEnergies come partner al 50%.
«Il successo della valutazione della scoperta di gas di Cronos conferma la presenza di risorse e potenziale produttivo significativi nel Blocco 6 – commenta nel merito Julien Pouget per la multinazionale francese – La valutazione completa delle risorse scoperte sarà ora effettuata per determinare la migliore opzione di sviluppo, per contribuire alla fornitura di gas all’Europa e alla regione».
Ma la «migliore opzione di sviluppo» sarebbe quella di lasciare il gas fossile lì dov’è, e non estrarlo. Sappiamo infatti da tempo che, per limitare il riscaldamento a +1,5°C, almeno i due terzi delle riserve conosciute di combustibili fossili dovrebbe restare sotto terra per porre un freno al cambiamento climatico.
Già tre anni fa l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), tracciando il percorso globale per arrivare ad azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050 – e rispettare così l’Accordo di Parigi, contenendo il surriscaldamento del clima a +1,5°C – ha confermato che «oltre ai progetti già avviati nel 2021, nel nostro percorso non ci sono approvazioni per lo sviluppo di nuovi giacimenti di gas e di petrolio e non sono necessarie nuove miniere di carbone o ampliamenti delle miniere già in uso». Ovvero, tutti i combustibili fossili contenuti in nuovi giacimenti devono restare dove sono, nel sottosuolo.
Un concetto ribadito nel settembre 2023 sempre da parte della Iea, che ha aggiornato la roadmap per arrivare a emissioni nette zero entro il 2050 spiegando che «non sono necessari nuovi progetti upstream di petrolio e gas».
La chiave di volta della transizione (e della sicurezza) energetica non passa infatti dal gas fossile ma dalle energie rinnovabili, chiamate a triplicare la potenza installata già entro il 2030, come peraltro stabilito nel corso della Cop28 dello scorso dicembre.
In questo contesto però l’Italia costantemente indietro sulla tabella di marcia: nell’ultimo anno sono entrati in esercizio 5,7 GW di nuovi impianti rinnovabili lungo lo Stivale, ma avrebbero dovuto essere 12 per essere in linea coi target europei al 2030.
Al contrario di quanto accadde con l’estrazione di gas fossile da giacimenti sottomarini, il Mediterraneo potrebbe offrire un potenziale enorme all’avanzata della transizione energetica, con l’Italia che avrebbe tutte le carte in regola per imporsi come protagonista: al largo delle coste nazionali, l’eolico offshore ha un potenziale stimato in 207,3 GW, in grado di creare 27mila nuovi posti di lavoro e sostenere una filiera industriale complessiva pari a 1,3 milioni di occupati.