Oggi l'incontro del Kyoto club con il Quirinale

La carbon tax permetterebbe all’Italia di creare un «reddito di cittadinanza ambientale»

Introducendo una tassa pari a 75 dollari per tonnellata di CO2 avremmo a disposizione 14 miliardi di euro l’anno, ovvero 2,5 volte l’importo per il Rdc previsto in legge di Bilancio per l’ultimo anno

[25 Febbraio 2020]

Nel corso dell’ultimo anno l’erogazione del reddito di cittadinanza da parte dell’Inps ha assorbito risorse pari a 3,8 miliardi di euro – meno di quanto stanziato in legge di Bilancio, 5,6 miliardi di euro – comprensive anche della pensione di cittadinanza: in totale sono circa 2,5 milioni le persone che hanno beneficiato delle due misure, con un importo medio mensile (per nucleo familiare) che sfiora i 500€. Si tratta di cifre ben lontane rispetto a quelle annunciate dal M5S durante la fase di campagna elettorale, ma che hanno permesso di ampliare non poco la platea dei beneficiari e l’importo degli assegni rispetto all’era del reddito di inclusione (Rei). La sfida rimane però quella di fare di più, e soprattutto meglio, in un Paese come il nostro dove il 27,3% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale: sotto questo profilo introdurre una carbon tax appositamente disegnata offrirebbe doppi benefici, come sottolineato oggi dal Kyoto club nel corso di un incontro al Quirinale con il presidente Mattarella.

«Il Green deal europeo – spiega il direttore scientifico dell’associazione che ha appena compiuto 25 anni, Gianni Silvestrini – rappresenta una straordinaria opportunità anche per l’Italia. Bisogna però che la politica dia la giusta priorità alle risposte all’emergenza ambientale, cosa che purtroppo raramente avviene, ma che il Presidente invece non ha mancato di sottolineare in più occasioni. Andrebbe, ad esempio, valutata con attenzione la proposta di una “carbon dividend tax”, applicata con successo all’estero, che consente di ridistribuire le entrate tra tutti i cittadini in modo uguale, in modo che le fasce più deboli ne traggano un vantaggio economico. Insomma, un reddito di cittadinanza ambientale».

Una proposta che il Kyoto club ha elaborato già giorni fa, spiegando che «potrebbe essere discussa una proposta di tassazione del carbonio nei settori non Ets secondo la formula dei “carbon dividends” che prevede una redistribuzione delle entrate uguale per tutti i cittadini, consentendo così un guadagno netto per le fasce meno abbienti. Si potrebbe, volendo, ridurre la restituzione alla fascia più ricca della popolazione ed usare le entrate per accelerare il processo di decarbonizzazione».

Non è ancora possibile avere un quadro dettagliato delle cifre in ballo, perché molto dipenderebbe naturalmente dall’ammontare della carbon tax. Una recente analisi fornita dall’Osservatorio dei conti pubblici italiani sulla base di dati del Fondo monetario internazionale permette però di chiarire il contesto di riferimento: una carbon tax pari a 75 dollari per tonnellata di CO2 «genererebbe un gettito dello 0,8% del Pil nel 2030», che misurato sul Pil del 2018 si tradurrebbe in oltre 14 miliardi di euro l’anno, ovvero 2,5 volte l’importo per il reddito di cittadinanza previsto in legge di Bilancio per l’ultimo anno.

Parallelamente, secondo il Fondo «i prezzi dell’elettricità aumenterebbero in media del 45%, e quelli della benzina del 15%», ma estrapolando i dati per il nostro Paese dall’Osservatorio dettagliano che in Italia «il prezzo di carbone aumenterebbe del 134%, quello dell’elettricità del 18%. Per la benzina, l’aumento di prezzo sarebbe di circa il 10%». Un cataclisma? Non sembra: «Si arriverebbe dunque a livelli dei prezzi già registrati in passato (si pensi al biennio 2012-2013)».

Del resto forme di carbon pricing sono già presenti in almeno 57 Paesi del mondo di cui 10 europei e tra questi, come sottolinea Silvestrini, svetta «l’esperienza della Svezia che ha introdotto la carbon tax nel 1991 innalzando progressivamente il suo valore fino ad arrivare a 114 €/t. I risultati parlano da soli: in questi anni, a fronte di un aumento del Pil del 78%, le emissioni climalteranti sono calate del 26%». L’Italia potrebbe prendere esempio.