Si tratta del dato più alto in Ue, dove i decessi sono stati più di 61mila

Nature, la crisi climatica uccide: nell’estate 2022 oltre 18mila italiani morti per caldo

Corrado: «Continuano a dirci che la conversione ecologica sia una cosa da ricchi, che sarà un bagno di sangue. I “bilanci”, però, si fanno sempre considerando tutte le voci»

[11 Luglio 2023]

Nell’era della crisi climatica i morti per caldo stanno diventando sempre più la norma, anche nella ricca Europa.

Il nuovo studio Heat-related mortality in Europe during the summer of 2022, appena pubblicato su Nature Medicine dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (Isglobal) in collaborazione con l’Istituto nazionale della salute francese (Inserm), stima che dal 30 maggio e il 4 settembre 2022 l’Europa abbia subito 61.672 morti premature dovute al caldo.

Una mattanza che vede l’Italia purtroppo in prima linea: nessun Paese d’Europa conta più morti per caldo (18.010, quasi un terzo del totale), staccando di molto Spagna (11.324) e Germania (8.173). E anche stavolta a patire le conseguenze più gravi sono le donne, tra le quali si concentra il 63% dei decessi in più legati al caldo.

Del resto non è una novità. Lo scorso anno l’allarme era già stato lanciato dal ministero della Salute, mentre l’Istat – sia ad aprile, sia pochi giorni fa – spiegava che «i cambiamenti climatici stanno assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, per un Paese in cui sono sempre più numerosi i grandi anziani».

Un’analisi confermata oggi dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima): «Più del 60% dei 61mila decessi dovuti al caldo estremo registrati dallo studio appena pubblicato si sono verificati oltre gli 80 anni di età e l’Italia è il paese che in Europa vanta non solo la più elevata percentuale di grandi anziani rispetto alla popolazione generale (il 6,5% degli italiani ha più di 80 anni), ma anche il più alto numero di ultra-ottantenni, vale a dire oltre 3 milioni e mezzo di persone. Il cambiamento climatico – aggiunge Alessandro Miani, presidente Sima – aumenta la frequenza e l’intensità delle ondate di calore ed il ristagno dell’aria, con conseguenti ripercussioni in termini di aumento non solo dei livelli dell’ozono, e quindi dello smog fotochimico, ma anche dei livelli di particolato atmosferico, di per sé impattanti sulla mortalità. Solo in Italia l’Agenzia europea per l’ambiente stima 66mila morti premature l’anno dovute alle polveri sottili e ai biossidi di azoto».

Se questo è lo stato dell’arte, l’avanzata della crisi climatica prospetta un quadro in peggioramento. Gli autori della ricerca pubblicata su Nature Medicine stimano che, in assenza di una risposta adattativa efficace, l’Europa dovrà affrontare una media di oltre 68.000 morti premature ogni estate entro il 2030 e oltre 94.000 entro il 2040. In Italia preoccupa particolarmente, per esempio, il fatto che l’intervento sanitario sia visto solo in termini di emergenza (pronti soccorso e case della salute) laddove i passi più importanti sono quelli che dovrebbero attuare i medici di famiglia e di base (per esempio, revisione ed eventuale integrazione immediata della terapia) e i servizi di assistenza sociale.

«Come per la mitigazione (abbattimento delle emissioni), l’adattamento al cambiamento climatico non è entrato in modo integrato e sinergico in tutte le politiche – commenta Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia – Questo fa sì che il nostro intervento sia meno efficace e monco. Certamente le autorità sanitarie sono molto più coscienti dell’impatto, ma occorre maggiore programmazione, integrazione, prevenzione e azione. Del resto, siamo ancora in attesa che venga definitivamente varato il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, e soprattutto che si entri in una fase davvero operativa e concertata. Per una maggiore e più efficace governance climatica anche per l’adattamento, sicuramente serve che l’Italia si doti al più presto di una legge sul clima».

Eppure il Governo Meloni sembra marciare ostinatamente in direzione contraria, rallentando ovunque possibile la transizione ecologica, come con la proposta di Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) appena inviata a Bruxelles ma duramente criticata sia dagli ambientalisti sia dal comparto elettrico di Confindustria.

«Continuano a dirci che la conversione ecologica sia una cosa da ricchi, che sarà un “bagno di sangue”, che proprio non possiamo permettercela. I “bilanci”, però, si fanno sempre considerando tutte le voci di guadagno e perdite, e chi non lo fa mente sapendo di mentire – commenta Annalisa Corrado, ambientalista e responsabile nazionale del Pd per la Conversione ecologica –  Pensate che siano 18mila ricchi radical chic, quelli che vogliamo difendere quando parliamo di crisi climatica? Tutto il contrario: sono le persone più fragili le più esposte. Quelle più sole, quelle con meno mezzi economici, quelle malate, quelle senza luoghi con impianto di climatizzazione e bollette pagate in cui difendersi. È ora che ciascuno si prenda le proprie responsabilità, e che si agisca di conseguenza».