Quale geotermia per il Green deal toscano?
Il movimento GeotermiaSì: «La Regione deve prendere una posizione ferma e decisa su questo argomento»
[8 Aprile 2021]
Il Green deal è il piano da 1000 miliardi di euro lanciato dalla Commissione Ue per trasformare l’Europa nel primo continente a emissioni nette zero entro il 2050: rappresenta una sfida eccezionale, ma non impossibile. A dimostrarlo è proprio una fetta di Toscana, la Provincia di Siena, che rappresenta la prima area vasta d’Europa ad aver raggiunto l’obiettivo, addirittura dal 2011. Un risultato dovuto a un mix di fattori dove la geotermia gioca un ruolo di primo piano, dato che arriva da questa fonte il 92% di tutta l’elettricità prodotta nell’area. Ma il resto della Toscana cos’ha in mente di fare?
«Ad ormai più di 3 anni dalla eliminazione degli incentivi alla geotermia stiamo constatando come – dichiarano dal movimento GeotermiaSì –, dopo i primi segnali positivi di dialogo tra Governo, istituzioni ed imprese si sia creato un pericoloso stallo nel percorso per riportare la geoterrnia (e non solo) ad essere riconosciuta come fonte energetica da promuovere e incentivare».
È quanto chiedono gli oltre 5mila cittadini che simpatizzano per GeotermiaSì, rivolgendosi direttamente alle istituzioni e in particolare alla Regione, chiedendo di inserirsi all’interno della strategia europea per il Green deal investendo nelle fonti rinnovabili e al contempo diversificando l’economia: «Mai come oggi è possibile constatare come un’economia territoriale più possibile diversificata possa essere la chiave per poter superare periodi difficili come questo in cui settori come, ad esempio, il turismo sono stati colpiti duramente».
In tal senso, tra le molteplici fonti rinnovabili la geotermia rappresenta una scelta particolarmente promettente: la sua capacità di sostenere la diversificazione dell’economia – il calore naturalmente presente nel sottosuolo può essere usato per la produzione di elettricità, calore, all’interno di processi industriali, agroalimentari, come attrattiva turistica, etc – ha permesso all’Islanda di passare da Paese povero e dipendente dal’import di idrocarburi a uno degli Stati più sostenibili e sviluppati al mondo, e anche nelle comunità geotermiche toscane ha dato finora ottimi risultati, come mostra il caso senese e non solo: in Toscana, ad oggi oltre il 70% di tutta l’elettricità rinnovabile prodotta è geotermica. Adesso però lo stallo su questo fronte è pressoché totale.
«L’Italia che è stata la culla della geotermia a livello mondiale utilizzandola per la prima volta più di 200 anni fa, si trova adesso – sottolineano da GeotermiaSì al 7° posto (per capacità installata, ndr) ed entro il 2021 potrebbe anche essere sorpassata dal Kenya che ha deciso di puntare molto su questo tipo di energia. Se nel 2019 nel bilancio globale mondiale si è raggiunto un aumento di produzione di 759 MW spingendo cosi la capacità installata a 15.406MW, sapete quanto ha contribuito in questi termini l’Italia? Ben 0 (zero!) MW, un risultato di fatto negativo se si pensa che in Europa e più precisamente nella vicina Germania vengono ormai costruiti impianti di piccola taglia cioè 5 MW, (di solito cicli binari a completa reiniezione) addirittura nei pressi dei centri abitati, cosi che in questo modo oltre alla produzione di energia elettrica anche il calore in esubero del ciclo di funzionamento viene messo a disposizione per riscaldare le abitazioni della zona. Un vero modello di sostenibilità ai quale l’Italia per prima ha fatto da apripista al mondo intero ed al quale invece oggi dovremmo guardare e prendere spunto, anziché demonizzarlo come invece sta accadendo da diversi anni a questa parte».
Le problematiche – e le richieste – sollevate dal movimento GeotermiaSì sono sempre le stesse, perché aspettano di essere risolte da anni: la pubblicazione del decreto nazionale Fer 2 (in ritardo di 607 giorni) per un’adeguata incentivazione della produzione geotermoelettrica, la definizione dei criteri per il rinnovo/assegnazione delle concessioni geotermiche in scadenza al 2024, la pubblicazione (attesa da oltre due anni) dello studio regionale “inVetta” relativo all’indagine sanitaria compiuta sul monte Amiata.
«La Regione Toscana – argomentano da GeotermiaSì – deve prendere una posizione ferma e decisa e dire come intende attuare il suo Green deal. Una domanda che sorge spontanea visti i vari progetti per produrre energia da fonti rinnovabili ad oggi bloccati in tutto il territorio regionale. L’Amministrazione regionale sta tergiversando ormai da troppo tempo su scelte delicate come queste, nonostante nella recente campagna elettorale le forze politiche che attualmente amministrano la nostra regione si siano spese a favore della promozione della geotermia (e non solo) come asset strategico con l’impegno dichiarato a far sì che la Toscana possa arrivare agli obiettivi “carbon free” nel 2050».
Il Programma di governo avanzato dal presidente Eugenio Giani e approvato lo scorso autunno in Consiglio regionale in realtà è stato presentato già come il “Green deal toscano”, e al suo interno compare già l’obiettivo di «coprire l’intero fabbisogno energetico elettrico con fonti rinnovabili al 2050 (ad oggi è pari al 50%)» ricorrendo in particolare alla geotermia, che «rappresenta per la Toscana una realtà importante per l’occupazione, lo sviluppo tecnologico e la produzione energetica». È evidente però come dalle buone intenzioni sia ora necessario passare ai fatti, e dunque alla realizzazione di impianti sul territorio.
«Chiediamo al Governo italiano, al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a tutti i componenti della Giunta regionale ed alle istituzioni dei territori geotermici – concludono nel merito da GeotermiaSì – di lavorare in modo celere e fattivo affinché si riprenda il percorso ad oggi interrotto per l’approvazione del Fer2 ed implementare norme certe e snelle per poter sbloccare un comparto che potrebbe dare un grande contributo alla ripresa non solo della regione Toscana ma di tutto il Paese».