Secondo il ministro dell’Ambiente «il Piano nazionale integrato energia e clima va rivisto»
In elaborazione una proposta per «introdurre il cuneo fiscale ambientale», ma la carbon tax rimane lontana: percorso che «va armonizzato con l’Organizzazione mondiale del commercio»
[13 Febbraio 2020]
Secondo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, intervenuto ieri in un question time alla Camera, il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) «va rivisto e adeguato agli obiettivi europei». Costa, in qualità di ministro dell’Ambiente sia nel Governo Conte 1 sia nel Conte 2, ha ricoperto un ruolo di primo piano nella definizione del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec): un documento nato per tracciare l’orizzonte energetico del Paese da qui al 2030, la cui prima bozza è stata inviata a Bruxelles all’inizio del 2019 mentre la versione definitiva è arrivata insieme al 2020, raccogliendo in entrambi i casi critiche da parte di ambientalisti ed esperti di settore.
Raggiungendo gli obiettivi previsti dal Pniec l’Italia si fermerebbe ad esempio «a una riduzione complessiva delle emissioni nazionali di gas serra del 37%», come già spiegato tra gli altri dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, mentre la nuova Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen ha proposto un taglio delle emissioni continentali tra il 50 e il 55% al 2030 rispetto al 1990 (e l’Europarlamento ha approvato la richiesta di concentrare gli sforzi sul 55%).
«Posto che il quadro degli impegni italiani è coerente con quello attuale europeo – dichiara Costa – un aumento degli obiettivi aggregati, come prefigurato nella comunicazione sul Green deal, che è stato recentemente confermato dal Parlamento europeo, renderà necessaria la revisione del Piano in maniera da adeguarlo di conseguenza. Il target di riduzione delle emissioni di gas serra sta cambiando e alla fine di febbraio verrà pubblicata a livello europeo la nuova norma di riferimento che oscillerà tra il 50 e il 55%, ben al di sopra del 40% previsto al 2030. È chiaro dunque che il Pniec vada rivisitato e non appena la norma verrà depositata noi inizieremo il lavoro», anche se le principali associazioni ambientaliste italiane avevano suggerito di procedere in tal senso già all’inizio dell’iter del Pniec, in modo da dare al Paese un vantaggio ambientale e competitivo sui partner europei.
Nel frattempo, al ministero dell’Ambiente sta prendendo corpo anche «una proposta, che porterò al tavolo del governo – sottolinea Costa – per introdurre il cuneo fiscale ambientale per premiare le aziende che producano seguendo criteri di sostenibilità ambientale, sia adottando processi produttivi green sia mettendo sul mercato prodotti green e che, nello stesso tempo, applichi il principio del ‘chi inquina paga’ e quindi penalizzando le non virtuose in modo da orientare le scelte e il mercato».
Al momento non ci sono documenti disponibili per valutare nel merito la proposta accennata dal ministro Costa, ma è certo che gli spazi per far rinverdire il fisco italiano (magari riducendo al contempo il cuneo fiscale sul lavoro) sono enormi: secondo lo stesso ministero dell’Ambiente le imposte che hanno come basi imponibili l’inquinamento o l’uso delle risorse naturali sono ad oggi solo l’1%, e una riforma fiscale verde potrebbe incoraggiare la crescita della green economy nazionale.
Tutto però dipenderà dalle proposte che concretamente verranno poste sul tavolo, e tra queste sembra che ancora una volta non ci sarà la carbon tax. Quanto alla possibilità di tassare il carbonio, Costa ha infatti affermato che si sta lavorando sia a livello nazionale sia a livello europeo, in un percorso che «va armonizzato con l’Organizzazione mondiale del commercio».
Nel frattempo però una tassa sul carbonio è stata già introdotta in 56 Stati al mondo di cui 10 europei (l’ultima a proporla è stata la Germania), e introdurla anche in Italia significherebbe apportare numerosi benefici a fronte di costi modesti: introducendo una carbon tax da 75 dollari per tonnellata di CO2, come suggerito dal Fondo monetario internazionale, il prezzo del carbone aumenterebbe del 134%, quello dell’elettricità del 18% e quello della benzina del 12%, ovvero sui livelli già toccati nel 2012-13. In compenso avremmo benefici ambientali, sanitari e oltre 14 miliardi di euro l’anno a disposizione per compensazioni di natura sociale e per incentivare forme di sviluppo più sostenibile.
L. A.