La sostenibilità dell’Ue inizia a tavola: per un quarto del nostro cibo dipendiamo dall’estero
Ridurre lo spreco di cibo e il consumo di carne bovina sono i primi passi da compiere per ridurre la nostra impronta alimentare
Ogni giorno, superiamo i limiti ecologici del nostro pianeta; questo avviene poiché le richieste di tutti noi per le risorse naturali ed i servizi ecosistemici superano la capacità rigenerativa degli ecosistemi della terra.
Il cibo che produciamo, commerciamo, consumiamo e infine smaltiamo come rifiuto, è un importante motore di pressione che contribuisce al superamento dei limiti planetari.
I consumatori di solito non hanno una piena conoscenza degli impatti ambientali associati al cibo che consumano, mentre c’è un’estesa preoccupazione tra scienziati e ricercatori dei sistemi alimentari riguardo la necessità di cambiare il modo in cui il cibo viene prodotto e consumato per guidare una trasformazione globale a beneficio della salute delle persone e del pianeta.
Il processo decisionale può essere informato da queste analisi a più livelli spaziali (regionale, nazionale, cittadino).
Il nostro nuovo studio – fornendo prove sul ruolo del cibo nel determinare la nostra impronta ecologica, svelando al tempo stesso la misura in cui la biocapacità (ovvero biomassa e servizi ecosistemici) per il consumo alimentare proviene dall’interno o dall’esterno dell’Ue – mira a fornire informazioni su come portare cibo sostenibile nei nostri piatti.
La nostra ricerca indica la necessità di progettare, implementare e applicare politiche in diversi settori che promuovano e sostengano la trasformazione del sistema alimentare. Lo studio sottolinea la necessità di interventi politici urgenti lungo l’intera filiera alimentare, dalla produzione, al consumo alimentare, passando per le modalità di approvvigionamento del cibo.
Ciò è necessario per avanzare verso il Green deal dell’Ue e la strategia Farm to fork, che pongono ambiziosamente l’Ue in prima linea nella sfida al cambiamento climatico e nella transizione verso un’economia a zero emissioni nette di gas serra.
I sistemi alimentari generano una serie di pressioni sugli ecosistemi a livello globale. Ciò include il cambiamento nell’uso del territorio, l’esaurimento e l’inquinamento delle acque, la perdita di biodiversità e le emissioni di gas serra – dalla fattoria alla tavola fino allo smaltimento.
Per mettere questo dato in prospettiva, il settore alimentare rappresenta circa un terzo (e fino al 37%, secondo l’Ipcc) delle emissioni di gas serra umane.
Un team di esperti di sistemi alimentari e scienziati della sostenibilità, coordinati dai ricercatori del Global footprint network, hanno studiato l’impronta ecologica (ovvero, l’appropriazione di risorse biologiche e servizi ecosistemici per sostenere modelli di consumo) dell’Ue-27 e hanno svelato il contributo della componente alimentare rispetto agli obiettivi politici del Green deal dell’Ue e della strategia Farm to fork.
Comprendere l’evoluzione dell’impronta alimentare nel decennio 2004-2014 (il più aggiornato per disponibilità di dati) ha consentito ai ricercatori di monitorare l’impatto delle tendenze sociali (vale a dire i modelli alimentari) sull’ambiente.
Vengono inoltre descritti interventi e politiche alternative e i loro potenziali risultati. La metodologia utilizzata tiene conto della domanda, dell’offerta e del commercio e considera molteplici esternalità.
Nel periodo analizzato, l’impronta ecologica dei residenti nella regione dell’Ue-27 ha costantemente superato la biocapacità della regione.
Nei Paesi ad alto reddito, dove i sistemi alimentari sono altamente globalizzati e le preferenze alimentari stanno convergendo verso una dieta occidentalizzata, il cibo rappresenta tipicamente la quota maggiore dell’impronta ecologica pro capite rispetto a beni, alloggi, mobilità e servizi.
Ciò vale anche a livello dell’Ue-27, dove il consumo alimentare delle famiglie nel periodo 2004-2014 rappresenta il 28-31% dell’impronta ecologica totale, e utilizza oltre la metà della biocapacità della regione.
Lo studio sottolinea che una transizione proteica lontana dalla carne bovina, secondo le attuali pratiche di produzione nel settore dell’allevamento, aiuterebbe a ridurre l’impronta alimentare, così come l’eliminazione degli sprechi alimentari.
Inoltre, circa un quarto della biocapacità necessaria per fornire il cibo consumato nella regione dell’Ue-27 proviene da paesi extra-Ue, e questa quota aumenta notevolmente se si guarda ai singoli paesi. Ciò significa che il consumo alimentare nell’Ue dipende anche dalla produzione alimentare al di fuori dei confini europei. La pandemia di Covid-19 e il conflitto in Ucraina hanno reso evidente questa dipendenza e la vulnerabilità dei sistemi alimentari dell’Ue che ne deriva, limitando le ambizioni di autonomia strategica dell’Ue e mettendone a rischio la sicurezza alimentare.
Inoltre, poiché quasi il 25% della biocapacità necessaria a sostenere la dieta dei residenti dell’UE-27 proviene da Paesi terzi, l’analisi condotta in questo nuovo studio suggerisce che la sola applicazione degli obiettivi di Farm to Fork al settore agricolo nazionale non sarà sufficiente a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’UE, spostando invece gli impatti ambientali sui Paesi terzi.
L’aumento del commercio intraregionale si riflette anche in una quota crescente dell’impronta alimentare che dipende dalla biocapacità intra-Ue, pari a circa due terzi del totale.
Oltre il sistema alimentare dell’Ue
Alcune delle informazioni fornite dai risultati dello studio vanno oltre l’Ue-27 e possono essere applicate ad altri contesti geografici in tutto il mondo.
Sebbene l’analisi sia limitata dalla risoluzione imposta da un’ampia valutazione paneuropea, può servire come punto di partenza per (1) guidare le azioni correttive lungo l’intera catena di approvvigionamento dei sistemi alimentari, (2) informare lo sviluppo di politiche e azioni a più livelli di governance, sia a livello nazionale che regionale, e (3) favorire politiche multisettoriali e interscalari per un’interfaccia scienza-politica più efficiente.
Quest’articolo è stato pubblicato in lingua inglese all’interno della Research community di Nature, con il titolo Living beyond sustainable levels: The EU-27 demands from nature exceed the region’s biocapacity and are primarily driven by food consumption.