Dal ministero dell’Ambiente una circolare per riportare ordine, ma il problema è strutturale
Coronavirus, la gestione rifiuti è in crisi: «Concreto rischio interruzione del servizio»
Via libera alla possibilità di aumentare le capacità di stoccaggio e deposito temporaneo, impianti di incenerimento alla capacità termica massima e ricorso alle discariche. Ma a mancare sono gli impianti e una politica industriale adeguata
[2 Aprile 2020]
L’emergenza coronavirus rischia di portare alle estreme conseguenze le difficoltà strutturali che gravano sulla gestione dei rifiuti prodotti nel nostro Paese – oltre 170 milioni di tonnellate l’anno, tra urbani e speciali –, oggi sottoposta a ulteriori sfide. Una criticità riconosciuta apertamente con una circolare anche dal ministero dell’Ambiente: «Al fine di superare questo momento di forte criticità del sistema e consentire agli impianti la gestione di eventuali sovraccarichi, con il concreto rischio dell’interruzione del servizio, appare necessario fornire indicazioni alle regioni e province autonome che scelgano lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente ex art. 191, d. lgs. 152/2006, per disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio».
La pandemia da coronavirus in corso sta incidendo infatti in profondità nella filiera di gestione dei nostri scarti. I rifiuti provenienti dagli ospedali sono aumentati fino a triplicare; l’Istituto superiore di sanità ha imposto modalità di gestione diverse per i rifiuti prodotti da quanti sono in quarantena obbligatoria o positivi al Covid-19; molte filiere industriali attive nel recupero rifiuti lavorano a scartamento ridotto a causa delle misure di distanziamento sociale imposte per contenere l’epidemia; lo stesso vale per l’export di rifiuti all’estero, cui sovente l’Italia ricorre per sopperire alle proprie carenze impiantistiche.
Un mix esplosivo che ha portato le aziende di settore a lanciare l’allarme, riconosciuto apertamente dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente nei giorni scorsi: «Le problematiche – sottolinea il Snpa – sono prevalentemente legate ad una carenza di possibili destinazioni per specifiche tipologie di rifiuti e a difficoltà organizzative e logistiche».
Per questo il ministero dell’Ambiente prevede adesso la possibilità di ricorre a «regimi straordinari, temporalmente circoscritti alla durata dell’emergenza», per evitare il blocco del sistema: si va dalla possibilità di aumentare le capacità di stoccaggio a quella di raddoppiare le quantità di rifiuti in deposito temporaneo, dal far lavorare gli impianti di incenerimento fino a raggiungere la loro capacità termica massima all’ampliamento del ricorso ai conferimenti in discarica.
Si tratta però di rattoppi temporanei a carenze strutturali, che l’emergenza coronavirus ha reso ampiamente evidenti e alle quali rimane urgente porre rimedio per poter mettere in ragionevole sicurezza non solo l’economia circolare italiana ma anche la “semplice” gestione dei nostri rifiuti.
Anche in questi giorni di crisi il problema «non sta in fase di raccolta», come sottolinea oggi Alfredo De Girolamo, presidente di Confservizi Cispel Toscana (l’associazione regionale delle aziende di servizio pubblico locale, che continuano a essere in prima linea per mantenere attivi i servizi essenziali alla cittadinanza): «I gestori dell’igiene urbana stanno garantendo la raccolta differenziata dei rifiuti anche se con molte difficoltà. Il problema sta a valle, in alcune piattaforme di recupero vicine alla saturazione e nelle filiere industriali di riciclaggio, ormai quasi ferme».
«Per rendere sicuro e resiliente il sistema di gestione dei rifiuti – argomenta De Girolamo – occorre superare molti dei mantra ideologici di questi anni. Bene riciclare, ma occorrono paracaduti efficaci, proprio perché il riciclo è una attività di mercato che può avere delle oscillazioni. Ci vogliono politiche industriali per aumentare il tasso di riciclo nei prodotti e forse anche misure di garanzia nazionale nel caso che il mercato esterno si contragga (per il virus o per normali dinamiche economiche). Occorre flessibilità sugli stoccaggi. Occorre una maggiore potenzialità degli impianti di termovalorizzazione (almeno il 30/35% contro l’attuale 18%) per far fronte alle emergenze. Occorre una politica più semplice sulle discariche. Insomma occorre una riserva strategica di impianti, pronta in caso di emergenza, e politiche di regolazione dei mercati del riciclo più efficaci. Insomma il riciclo non può essere un dovere morale o ideologico, ma il risultato di politiche di mercato e di regolazione pubblica. Anche gli obiettivi di riciclo devono tener conto di questo aspetto, e la pianificazione di impianti non può basarsi sulla illusione che tutti i rifiuti evaporino nel mercato dell’economia circolare mondiale».
Si tratta dunque di prendere atto che la gestione rifiuti in Italia è in emergenza permanente: sul territorio nazionale, costellato da sindromi Nimby e Nimto, non ci sono abbastanza impianti per gestire in sicurezza, secondo logica di sostenibilità e prossimità, tutti i rifiuti che produciamo. Un nodo che può essere sciolto solo attraverso una politica industriale adeguata.
L. A.