Rinnovabili ancora al palo, nell’ultimo bando Gse erogato solo il 6,2% degli incentivi
A fronte dei 2.321 MW teoricamente incentivabili ne sono stati assegnati appena 144,7 MW
[30 Gennaio 2023]
Se l’ultimo anno non si è chiuso bene per le fonti rinnovabili – con soli +3.036 MW di nuovi impianti entrati in esercizio, a fronte degli almeno 10mila necessari per perseguire gli obiettivi RePowerEu al 2030 –, anche il 2023 inizia a rilento, con il decimo bando Gse andato quasi deserto.
Secondo quanto comunicato dal Gestore dei servizi energetici, per l’accesso agli incentivi residui destinati nel 2019 dal decreto Fer 1 a sostegno della produzione di elettricità da fonti rinnovabili, sono arrivate solo 60 domande in posizione utile: dei 2.321 MW teoricamente incentivabili ne sono stati assegnati appena 144,7 MW: il 6,2%.
Eppure non sono le proposte d’investimento a mancare, dato che alla fine della scorsa estate le richieste di connessione alla rete Terna di impianti rinnovabili erano arrivate già a 280 GW, con Terna e Snam che hanno già elaborato scenari di installazioni al 2030. Anche dal ministero dell’Ambiente filtra ottimismo: a fine 2022 è stato comunicato il rilascio di pareri favorevoli da due organismi chiave per le autorizzazioni di competenza statale – la Commissione Via-Vas e la Commissione Pnrr-Pniec –, eppure lo stallo nelle nuove installazioni è evidente. Come mai? Per rispondere non è possibile guardare solo a uno step del percorso autorizzativo, ma è necessario esaminarne per intero la complessità.
Oltre alla Commissioni già citate, per passare la Valutazione d’impatto ambientale (Via) nazionale «l’altro parere pesante è quello rilasciato dal ministero della Cultura, fino ad oggi il vero ostacolo nel percorso – si ricorda infatti che nel 2022 sono state rilasciate Via con il parere positivo di entrambi gli enti solo in 10 casi (6 fotovoltaici, 4 eolici). Dunque, questi 7 GW, per trasformarsi in Via positive, avranno bisogno anche di un parere positivo da parte del Mic – questo salvo prove di forza da parte del Mase, che potrebbe – come già accaduto in passato, con ben 35 progetti solo nel 2022 – chiedere al consiglio dei Ministri di dirimere il dissenso: se nel caso del Governo Draghi ha quasi sempre prevalso la posizione delle Commissioni (dunque del Mase e, in ultima istanza, degli operatori), c’è molta curiosità su quale sarà l’orientamento del Governo Meloni», spiega nel merito Tommaso Barbetti, (Elemens) nell’ambito dell’iniziativa Regions2030.
Non solo: anche dopo l’eventuale ottenimento della Via, la partita per i produttori non sarà chiusa: «Ci si dovrà spostare in Regione, per l’ottenimento dell’Autorizzazione unica – aggiunge Barbetti – La storia dimostra che i progetti con Via positiva generalmente riescono a ottenere anche l’Autorizzazione unica, sebbene talora siano costretti a confrontarsi con le medesime osservazioni già ricevute in sede di Commissione. Ora però il flusso sembra essersi rallentato, se si pensa che dei 48 progetti che hanno ottenuto la Via dopo l’estate 2021, appena 3 hanno ottenuto l’autorizzazione: come a dire che in un processo che pare essere stato centralizzato, le Regioni non ci stanno a fare da tappezzeria».
Non a caso il settore elettrico italiano – rappresentato dall’associazione confindustriale Elettricità futura – ritiene che «le Regioni e i Comuni possano contribuire con un deciso cambio di passo rispetto al passato, accelerando il rilascio delle autorizzazioni per impianti rinnovabili per almeno 10 GW all’anno, target peraltro coerente con gli impegni di decarbonizzazione dell’Italia. Più rinnovabili una Regione e un Comune autorizzeranno, maggiori saranno i benefici locali».