Il ministero dell’Ambiente ha inviato il nuovo Pniec a Bruxelles, qui resta solo il fumo
Corrado: «Nessuno ne conosce linee guida, scelte strategiche, obiettivi. I pochi “numeri” dati appaiono gravemente deludenti rispetto agli impegni internazionali presi»
[3 Luglio 2023]
Il ministero dell’Ambiente ha inviato alla Commissione Ue la proposta del nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). Un’operazione a busta chiusa.
Non solo il documento è stato spedito a Bruxelles senza che cittadini e stakeholder potessero valutarlo in alcun modo, ma ad oggi il Pniec non è disponibile né sulle pagine del ministero né su quelle della Commissione europea. In rete se ne trovano delle copie, ma il ministero ufficialmente tace.
«Come fa la società civile a esercitare il suo ruolo essenziale nelle democrazie, se non è disponibile né il Pniec né la bozza di Pniec, ma solo comunicato e interviste?», si domanda Mariagrazia Midulla, responsabile Energia e clima del Wwf Italia, chiedendo – al momento invano – di sanare il vulnus al ministro Pichetto Fratin.
Anche perché dalle poche informazioni che traspaiono, pure questa versione del Pniec sembra riassumere una posizione di retroguardia dell’Italia nei confronti della crisi climatica in corso.
Accadde già nel 2019-2020, quando il primo Pniec elaborato dal nostro Paese si presentò già vecchio concentrandosi su obiettivi ormai superati dalle nuove proposte legislative europee in materia.
In un completo ribaltamento di prospettiva, oggi il dicastero parla di «eccessivo ottimismo del Piano 2019», col ministro Pichetto che invita adesso a contenere le ambizioni climatiche: «Con questo testo vogliamo indicare una via alla transizione che sia realistica e non velleitaria, dunque sostenibile per il sistema economico italiano». Neanche troppo tra le righe, si prospetta dunque un altro Pniec al ribasso.
«Apprendiamo dal ministero che la proposta di aggiornamento del Pniec è stata inviata a Bruxelles, senza che nessuno ne conosca linee guida, scelte strategiche, obiettivi, malgrado le ripetute richieste. Come se fosse un documento burocratico di relativa importanza – commenta Annalisa Corrado, ecologista di lungo corso adesso in Segreteria nazionale Pd con delega alla Conversione ecologica – Peccato sia il piano industriale, economico, sociale e di posizionamento internazionale del Paese, dal quale dipenderanno investimenti per filiere produttive, posti di lavoro, competitività dei prossimi lustri. I pochi “numeri” dati, in forma aggregata, appaiono gravemente deludenti rispetto agli impegni internazionali presi e, più in generale, alla sfida della decarbonizzazione. Continuiamo a guardare al passato, con caparbio autolesionismo, a beneficio di pochissimi e a danno di tuttə».
Qualche esempio? Basti osservare gli unici due dati esplicitati dal ministero dell’Ambiente, che per il 2030 delineano come obiettivi per l’Italia una quota del 40% di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia (ad oggi il dato è fermo al 19%), per arrivare al 65% per i consumi solo elettrici (oggi al 31,1%).
Tali percentuali, se sembrano ambiziose, è solo perché la performance attuale è frenata da anni di immobilismo sull’installazione di nuovi impianti rinnovabili.
Tant’è che l’accordo provvisorio raggiunto a marzo Consiglio e Parlamento europei prevede di portare le rinnovabili a coprire entro il 2030 almeno il 42,5% dei consumi lordi (l’obiettivo raccomandato agli Stati membri è il 45%), mentre l’Italia si ferma al 40%.
E anche volendo fermare l’analisi al comparto elettrico, l’obiettivo inserito nel Pniec (65%) resta molto distante da quello elaborato dalla principale associazione confindustriale operante nel comparto elettrico – Elettricità futura –, che punta piuttosto all’84%. Un target che garantirebbe, oltre a importanti risparmi in bolletta, anche 540mila nuovi posti di lavoro. Ma il Pniec sembra rifuggire da una simile concretezza, proponendo anche stavolta una transizione ecologica tutta fumo e niente arrosto.
«Gli obiettivi Fer sono stati rivisti al rialzo, ma senza grandi ambizioni – conferma il presidente dell’Associazione nazionale energia del vento, Simone Togni – Così come la quota di energia eolica, specie per quanto riguarda l’offshore che ha un potenziale stimato dall’Anev di 11.000 MW, contro i soli 2.100 inseriti nel documento seppur al 2030. Un contingente troppo esiguo, questo per l’off-shore, considerata la giusta attenzione che il documento dà alle tecnologie innovative e alla luce della necessaria prospettiva da dare ad una tecnologia molto promettente. Tra le misure per la realizzazione degli obiettivi apprezziamo la menzione ai criteri di semplificazione delle procedure, ma auspichiamo soluzioni ulteriori, più concrete e risolutive».