Rinnovabili, quante e dove per l’Italia del 2030? Lo scenario elaborato da Terna e Snam
In attesa che il Governo aggiorni il Pniec, si punta a realizzare 70 GW di nuovi impianti. Ma le richieste di connessione per nuove Fer alla rete hanno già superato i 250 GW
[2 Agosto 2022]
In attesa che il Governo torni a fare il suo dovere, aggiornando il Piano integrato energia e clima (Pniec) risalente ad un’era energetica fa, Terna e Snam hanno pubblicato il nuovo Documento di descrizione degli scenari (Dds) tracciando la possibile evoluzione del sistema energetico italiano nel rispetto degli obiettivi europei Fit for 55.
L’obiettivo comunitario al 2030 prevede di tagliare le emissioni di gas serra Ue del 55% rispetto al 1990, con l’Italia che punta a contribuire diminuendo “solo” del 51% le proprie emissioni (nel 2019 eravamo appena a -19,4%, senza considerare il contributo Lulucf), anche se il quadro normativo resta al momento piuttosto fluido.
Basti evidenziare, come fa lo stesso Documento, che a «seguito della guerra in Ucraina, la Commissione Europea ha proposto di rivedere a rialzo il target delle rinnovabili (45% sui consumi finali energetici invece dei 40% inizialmente previsti). Attualmente il pacchetto Fit for 55 è in fase di negoziazione tra Parlamento europeo e Consiglio europeo».
Ciò non toglie il valore di una roadmap ben più aggiornata del Pniec, come quella offerta da Terna e Snam, in particolare per quanto riguarda la trasformazione del parco impianti rinnovabili da qui al 2030.
Nello scenario Fit for 55 «la produzione rinnovabile complessiva (idrico, eolico, fotovoltaico, bioenergie e geotermico) è pari a 239 TWh al 2030, raggiungendo quindi una quota Fer sul fabbisogno elettrico totale di circa 65%. Ciò rappresenta un incremento di ben 127 TWh di produzione Fer rispetto ai valori registrati nel 2019», il che si traduce in «quasi 102 GW di impianti solari ed eolici installati al 2030 per raggiungere gli obiettivi di policy, con un incremento di ben +70 GW rispetto ai 32 GW installati al 2019 (+12 GW solare distribuito, +42 GW solare utility, +7 GW eolico onshore, +9 GW eolico offshore)», cui si aggiungono una domanda di biometano pari a 5,4 mld di mc, e una di idrogeno di 2,2 mld di mc.
Uno scenario sfidante ma comunque conservativo, per almeno due ordini di motivi. Il primo dipende dal fatto che, coerentemente con l’impostazione governativa, l’incremento di potenza installata si concentra essenzialmente su due fonti rinnovabili – solare (oltre il 70% dell’ammontare) ed eolico –, trascurandone altre come la geotermia, nonostante l’Italia sia stata la prima nazione al mondo a svilupparla e l’enorme potenzialità ancora latente; eppure nel Documento non ci sono evoluzioni rilevanti al 2030 per la potenza installata né sul fronte idroelettrico (15,9 GW, come nel 2019) né su quello delle altre Fer (4,4 GW), geotermico compreso.
Il secondo motivo guarda invece alle richieste di allaccio di nuovi impianti alla rete Terna, che già oggi superano di gran lunga i +70 GW al 2030. «Tale obiettivo, sebbene sfidante, appare raggiungibile sia dal punto di vista tecnico che della maturità del mercato, considerando che Terna ad oggi ha già ricevuto oltre 250 GW di richieste di connessione di nuove Fer e che negli anni 2009-2010 si sono già raggiunti in Italia tassi di installazione annui comparabili», sottolinea nel merito il Documento. Per capire come alzare ancora l’asticella basti osservare l’ultima progettualità condivisa da Elettricità futura col ministero della Transizione ecologica, che punta a +85 GW al 2030 e a una penetrazione delle rinnovabili nel mix elettrico pari all’84%.
All’interno del Documento resta comunque di grande valore la possibile ripartizione dei nuovi impianti rinnovabili nelle diverse macroregioni del Paese, elaborata da Terna e Snam in modo «coerente con le richieste di connessione e con il potenziale di sviluppo sui territori, tenendo conto dell’aumento della capacità di trasporto derivante dalle opere straordinarie di rete necessarie e determinando il fabbisogno ottimo di capacità di accumulo per l’integrazione delle Fer», pur senza addentrarsi in logiche di tipo “burden sharing” tra le regioni italiane.
Più nel dettaglio, per la definizione di aree potenzialmente utilizzabili per lo sviluppo di impianti rinnovabili si sono considerati «vincoli morfologici, vincoli normativi nazionali/regionali e le classi di uso del suolo per ottenere una stima delle “aree non escluse”», arrivando a conclusioni rassicuranti.
Dallo studio è emerso che dei circa 30 milioni di ettari del territorio italiano, circa il 27% rappresenta aree potenzialmente idonee all’installazione di impianti fotovoltaici a terra, e «a mero titolo di esempio si ricorda che, secondo l’ultimo censimento Istat, in Italia esistono oltre 1,2 milioni di ettari di superficie agricola non utilizzata: utilizzando solamente il 10% di tali terreni si potrebbero realizzare circa 73 GW di nuova capacità fotovoltaica, ampiamente sufficiente al raggiungimento dei target 2030».
Scegliere un’area rispetto ad un’altra non è certo indifferente: ad esempio, «1 MW di fotovoltaico a terra installato al Sud riesce a produrre, a livello annuale, quasi il doppio di 1 MW installato su tetto al Nord». Ma è possibile trovare un equilibrio, investendo – oltre che sugli impianti rinnovabili – anche sugli accumuli e sul miglioramento delle connessioni di rete.
Qualche esempio? Nello scenario Fit for 55 di Terna e Snam, come già accennato, più del 70% della capacità (75 GW) è rappresentato dal solare, di cui 53 GW sono da ricondursi ad impianti di tipo utility scale (prevalentemente al sud e nelle isole) e 21,5 GW derivano da impianti fotovoltaici distribuiti (ovvero di piccola taglia, concentrati al nord).
L’eolico raggiunge invece i 27 GW al 2030, con un incremento di circa +16 GW rispetto al valore raggiunto nel 2019. L’onshore ammonta a circa 18,5 GW (+7,7 GW), con tutta la capacità «prevalentemente localizzata al sud per via di un potenziale, sia geografico che di producibilità, maggiore», mentre l’offshore (8,5 GW) è concentrato al largo della Puglia ed intorno alle due isole maggiori.
In questo contesto, il fabbisogno di accumulo complessivo individuato al 2030 nello scenario Fit for 55, addizionale rispetto agli impianti di pompaggio oggi esistenti, è pari a 95 GWh di cui 16 GWh si stima giungeranno da comunità energetiche e piccoli impianti distribuiti, 8 GWh risultano già assegnatari di contratti pluriennali nelle aste del capacity market e i restanti 71 GWh impianti di grande taglia che dovranno essere realizzati attraverso i meccanismi d’asta
Anche su questo fronte l’incremento degli accumuli al nord è prevalentemente di tipo small-scale, mentre al sud e sulle isole gli impianti di tipo “utility-scale” rappresentano in media il 90% della nuova capacità di accumulo.
L’installazione degli elettrolizzatori necessari per produrre idrogeno verde prevede invece impianti per 5 GW: 1,5 GW saranno realizzati tra nord e centro-nord ed i restanti 3,5 GW si prevedono collocati tra sud, centro-sud e isole.
Infine, il dimensionamento del fabbisogno di accumulo e la zonalizzazione degli impianti rinnovabili proposti in questo Documento presuppongono la realizzazione delle relative opere per incrementare la capacità di trasporto della rete elettrica: «Gli interventi previsti permetteranno di incrementare la capacità di trasporto tra le zone di mercato per circa 16,6 GW complessivi già nel 2030».